Home » 5 spade nella roccia nascoste tra Alpi e Appennini
La leggenda della spada nella roccia, tramandata attraverso i secoli e raccontata in libri e pellicole (compreso il capolavoro di Walt Disney), si lega a due personaggi, altrettanto leggendari: re Artù e Mago Merlino.
La storia narra di Artù che, allevato da Merlino, divenne re di Inghilterra dopo essere riuscito a estrarre dalla roccia la spada Excalibur. Ma dov’è oggi la spada nella roccia?
Purtroppo, a questa domanda, non esiste una sola risposta. Si potrebbe dire che ne è pieno il mondo e che in Italia ne troviamo almeno 5, nascoste tra Alpi e Appennini. Tutte legate al mito di re Artù? Non proprio, ma la magia di sentirsi per un istante come lui è assicurata!
La spada nella roccia più celebre d’Italia è anche quella meno nascosta e meno complicata da scovare. Si trova infatti infissa dal XII secolo nella Rotonda di Montesiepi, nel territorio del comune di Chiusdino, in provincia di Siena, non lontano dai resti scenografici dell’abbazia di San Galgano.
La Rotonda è stata edificata sopra quella che fu l’ultima dimora del Santo, dove conficcò la sua spada nella roccia. Cosa curiosa è che secondo alcuni esperti fu proprio tale evento a ispirare la leggenda di re Artù. Quindi potremmo dire che la spada di San Galgano sia la vera Excalibur. Altra strana coincidenza: pare che uno dei Cavalieri della Tavola Rotonda si chiamasse Galvano, che insomma somiglia un po’ a Galgano!
Sul Monte Terminillo, in Lazio, si cela una spada nella roccia che non mostra legami con Artù, ma è decisamente interessante in quanto legata ai Cavalieri Templari. Trovarla non è complesso, basta affrontare il cosiddetto “Sentiero del Planetario” e raggiungere la leggendaria località dei Cinque Confini, ancora oggi confine amministrativo dei Comuni di Rieti, Cittaducale, Micigliano, Borgovelino e Castel Sant’Angelo.
La leggenda dei Cinque Confini narra di 5 templari che, nel dicembre del 1307 erano accampati sulle pendici del Terminillo, la cui vetta all’epoca segnava il confine tra Stato Pontificio e Regno di Napoli. Il Maresciallo del Tempio Guy de La Roche e i suoi 4 confratelli fuggivano ormai da settimane dopo che, nell’ottobre 1307, il Re di Francia Filippo IV aveva ordinato la cattura di tutti i Cavalieri Templari. Il mese successivo anche Papa Clemente V aveva emesso un Decreto invitando i Principi cristiani a collaborare alla cattura dei Templari. Dopo essersi ritrovati a fuggire dalla Francia verso lo Stato Pontificio, i 5 si ritrovavano ora a dover tentare di superare il confine e cercare la salvezza nel Regno di Napoli. Per aumentare le probabilità di successo decisero di separarsi e seguire strade diverse. Nel giorno del solstizio d’inverno, il 21 dicembre 1307, Guy de La Roche infisse la sua spada in una roccia e, invocando giustizia divina, sciolse dal giuramento templare i confratelli. I 5 si abbracciarono, abbandonarono i mantelli nella neve e si diressero in 5 direzioni opposte, promettendo di non rivelare mai la propria identità.
Iniziamo risalire tra le montagne a caccia di spade nella roccia, partendo dalle Orobie. Qui troviamo la Excalibur del Lago del Barbellino (Valbondione, BG). A guardarla sembrerebbe essere lì, infissa da tempo immemore nella roccia sulle sponde del lago artificiale. In realtà la sua apparizione è piuttosto recente. La Excalibur di Curò è stata infatti conficcata nella roccia soltanto nel 2016 su idea del guardacaccia Matteo Rodari. Idea recente, stimolata da un progetto CAI locale intitolato “Sentieri creativi” che però si ispira a una leggenda, come è giusto che sia: la leggenda della nascita delle cascate del Serio, in cui non compare re Artù.
Si narra che in tempi lontani una nobildonna si fosse innamorata di un pastore del luogo, a sua volta innamorato di una umile ragazza di Valbondione. Inevitabile che la nobildonna si ingelosisse. Decise così di rapire la giovane, rinchiudendola nel suo castello sulle alture del Barbellino. La ragazza pianse così tanto che le lacrime generarono un fiume, così impetuoso da far crollare il castello. Senza più ostacoli, le lacrime precipitarono verso valle, originando le cascate. La spada nella roccia rimanda a quei tempi lontani e leggendari. Su di essa sono incise le iniziali dei forgiatori (Matteo Rodari insieme al padre Modesto), e una data: 1415. La ragione di tale scelta è che nel Quattrocento la zona fosse ricca di miniere di ferro, che veniva utilizzato per forgiare spade.
Questa è una spada per cui bisogna arrivare fino in vetta! Siamo sul Monte Gifarco (1380 m), in Liguria. Sapete chi si dice che abbia qui conficcato la spada? San Galgano, questa volta di ritorno dalle crociate, a voler simboleggiare la fine dei combattimenti e il trionfo della cristianità.
Galgano conficcò nella roccia la sua spada fino all’elsa così che diventasse una croce. Sulla targa accanto alla spada si legge infatti “Attraverso questa croce che il santo cavaliere Galgano fece di sua spada possano l’amore e la pace del Cristo diffondersi sulla Terra.”
A Tonezza del Cimone esiste il “Sentiero di Excalibur”, un percorso naturalistico-didattico, piuttosto facile e adatto anche a famiglie con bambini (in inverno perfetto per ciaspolare). Un anello di 3 km che consente di toccare 10 stazioni tra boschi di faggi, abeti e larici. Una delle stazioni è la Valle dei Ciliegi, dove si trova la Excalibur di Tonezza. Anche in questo caso c’è ben poco di storico, si tratta piuttosto di una installazione amata dai bambini (e da chi voglia sentirsi ancora tale almeno per una volta).
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