Imparare tutte le lingue del mondo è impossibile. Nonostante questo, viaggiando, riusciamo comunque a superare le barriere linguistiche grazie al linguaggio del corpo. Per questo consigliamo sempre di informarsi sugli usi e costumi del paese in cui si è diretti.
Spesso, infatti, anche il più semplice gesto, come salutarsi, può andare incontro a barriere culturali. Non si saluta in tutto il mondo con “Ciao” o “Hello”, né agitando una mano in aria. Sapere come rispondere a un gesto di benvenuto è il modo migliore per entrare in contatto con un nuovo contesto, anche se non se ne conoscono lingua e tradizioni.
Ecco come ci si saluta nel mondo!
Il saluto tradizionale Maori prevede che si premano allo stesso tempo naso e fronte contro quelli dell’altra persona, condividendone il respiro vitale (e quindi l’anima). Questo saluto, noto come Hongi, è simile a quello dell’Oman ma qui anche le fronti entrano in contatto e le due persone si guardano dritte negli occhi.
Non c’è tempo per i baci, una stretta di mano veloce e al massimo, un occhiolino da parte dell’uomo, se gradisce la donna. Se si è amici, fra uomini, è abitudine toccarsi con le mani “strette a pugno”.
Anche se non si conosce bene la persona, si usa abbracciarsi e darsi un bacio sulla guancia, uomini e donne, vecchi e giovani, turisti e non. Saluto molto caloroso, ti senti a casa.
Una tradizione di benvenuto nelle Isole Hawaii è quella di bere in gruppo. Ci si saluta così: il braccio alzato in alto, il pollice verso la bocca, il mignolo in aria, le altre dita piegate e la mano viene fatta ondeggiare.
In ambienti formali e tradizionali, si usa l’inchino con occhi chiusi (più è profondo l’inchino e più importante è la persona), ma comunemente si usa la stretta semplice di mano. Attenzione però a non incrociare le teste!
In Francia, come in Italia, ci si bacia sulle guance, la cosiddetta bise. Ma di baci se ne danno tre, anche quattro e ben cinque in Corsica, sempre partendo da sinistra per prima. Anche in Belgio, Paesi Bassi, Serbia e Ucraina ci si saluta spesso così.
Per salutarsi si usano le entrambe le mani, una sopra l’altra, soprattutto se ci si conosce. Gli anziani lo accompagnano anche con un cenno del capo.
I Masai riservano ai nuovi arrivati una danza di benvenuto chiamata adamu, che contempla anche una sfida a chi salta più in alto.
Qui l’etichetta del saluto prevede una serie di passaggi più complessa. Si allunga il braccio destro mentre la mano sinistra tocca il gomito destro. Si intrecciano le mani con quelle dell’altro iniziando dal pollice, per poi arrivare al palmo. Infine, si ritorna nella posizione originale. Se ci riuscite, potete dire: Lae kae?, “come stai”?
Nella cultura del Paese del Sudest asiatico è in uso una versione alternativa del baciamano, il Mano Po o Pagmamano, da riservare come saluto e segno di rispetto alle persone più anziane. Dopo aver chiesto il permesso si avvicina la propria fronte alla mano del destinatario, premendola contro di essa, come per accettare una benedizione.
Qui il rei, un inchino che è allo stesso tempo saluto, ringraziamento e obbligo sociale, assume diverse declinazioni, ciascuna con i rispettivi angoli e durate. L’eshaku, di 15 gradi, è usato per i saluti informali e per congratularsi; il keirei, di 30 gradi, è riservato a chi si trova in un gradino più alto della scala sociale (come il proprio capo); il saikeirei, un inchino a 45 gradi, si usa di fronte a personalità come l’imperatore, o per farsi perdonare di una grave mancanza.
Qui potreste sentirvi dire Namasté, mentre il vostro interlocutore congiunge i palmi delle mani all’altezza del petto, chinando leggermente il capo. Letteralmente vuol dire: “Mi inchino alle qualità divine che sono in te“, o ancora “Lo spirito che è in me riconosce lo spirito che è in te”.
Anche il Wai, il tradizionale saluto thailandese che è insieme una dimostrazione di rispetto, si fa congiungendo le mani all’altezza del petto, del mento o della fronte. Maggiore la differenza di età o sociale tra le due persone, più profondo sarà l’inchino che accompagna il saluto, più alta la posizione delle mani da tenere.
In alcune aree del Paese – e del Tibet – è ancora in uso un antico rito di benvenuto che prevede il dono, al nuovo arrivato, di una sciarpa di seta chiamata Hada o Khata, in genere bianca o gialla. Simbolo di rispetto e della purezza di chi dona, va accolta con un lieve inchino.
In altre zone del Tibet, i tibetani mostrano brevemente la lingua in segno di rispetto. Questo per dimostrare di non essere la reincarnazione di un malvagio sovrano del nono secolo, Lang Darma, noto per la sua lingua nera. Questo gesto viene anche usato per esprimere accordo con un’altra persona.
Nell’arcipelago polinesiano ci si saluta premendo la faccia sulle guance contro quelle dell’altro, e inspirando profondamente, come per annusarlo.
Molti pensano che in questo paese ci si saluti sfregando i rispettivi nasi, vero? No, non è così e gli abitanti di questo paese si infastidiscono un po’ quando scoprono che la pensate così. Il loro modo di salutarsi si chiama Kunik e consiste nell’appoggiare il naso e il labbro superiore sulla guancia o sulla fronte dell’altra persona e inspirare.
Nel Paese si toccano le dita dell’interlocutore con entrambe i palmi, e poi ci si portano le mani al cuore.
Negli Emirati Arabi è molto facile vedere due uomini che si strofinano il naso oppure giovani che baciano sulla fronte gli anziani. Questo è un gesto molto diffuso nella loro religione ed utilizzato tra persone che si conoscono molto bene tra loro. In caso contrario, una stretta di mano salda è più che sufficiente.
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