Viaggiare ed esplorare il mondo porta a conoscere non solo dei posti meravigliosi, ma anche gli usi e costumi locali che talvolta sono molto diversi dai nostri.
Tra le tradizioni di un popolo non può di certo mancare la musica. La musica da sempre spinge le persone a creare nuove danze che si sono tramandante negli anni fino a diventare patrimonio culturale dei popoli.
La danza accomuna, rende partecipi e caratterizza una popolazione. Per noi viaggiatori deve essere motivo di curiosità capire quali sono gli elementi unici che ne rendono speciale una piuttosto che un’altra.
Facciamo dunque il giro del mondo a passi di danza e scopriamo insieme le danze più famose del mondo!
Quando si parla di danza orientale, la prima cosa che viene in mente è sempre una velata danzatrice del ventre.
In arabo è chiamata Raqs Sharqi, ovvero Danza dell’est e ha origini antichissime. È praticata nei paesi arabi come Libano, Turchia, Iraq, Egitto e del Maghreb. Ovviamente, ogni paese la interpreta in modo diverso a seconda della provenienza geografica e della musica che l’accompagna. Ogni stile è unico e corredato di accessori altrettanto unici: si va dai veli ai cimbalini in ottone o bronzo, dai tamburelli ai candelabri e alle spade.
In principio, era una danza strettamente legata al culto della fertilità, della Dea Madre. Evidente il richiamo nei movimenti sinuosi e rotatori della vita che rimandano al ciclo della vita naturale, al susseguirsi delle stagioni, alla fertilità, alla riproduzione e alla nascita. Da qui la sua fama di danza peccaminosa, proprio a causa dell’elevato potere afrodisiaco, e dall’intento seduttivo non certo implicito. Oggi è diffusa anche come spettacolo.
La Dabka (o Dabkeh) è invece una danza popolare di gruppo tipicamente maschile. Il nome deriva dal verbo yadbuk, ovvero battere i piedi per terra e sta proprio a significare l’attaccamento e l’amore per la propria terra. È sempre accompagnata da musiche cantate, spesso precedute da poesie (mawal) caratterizzate da parole polisemantiche.
L’Africa, data la sua vastità, presenta differenti balli. Per distinguerli possiamo divederli in due grandi macro-aree. Quelli del nord-africa, dove le danze sono meno “tribali”, più studiate nei passi, e con vestiti e accessori tipici. Equelle sub-sahariane, che si caratterizzano per l’utilizzo del canto come strumento principale a cui si accompagnano strumenti rurali.
In Kenya e Tanzania, l’Adamu (letteralmente danza saltata) è praticata dai masai durante le cerimonie di celebrazione della maggiore età. I giovani uomini si dispongono a semicerchio e saltano a turno; più saltano in alto, più forti e degni saranno considerati dai compagni che assistono, incitando e sostenendo i partecipanti a questo rito di passaggio. Il salto deve assolutamente essere un gesto estetico ed elegante, motivo per cui anche il costume è adeguatamente colorato (in genere è rosso) e adornato (con decorazioni di perline e collane); non si fa uso di maschere, ma i corpi sono spesso tatuati.
Le danze sub-sahariane, invece, vengono eseguite sul posto, con movimenti che coinvolgono tutto il corpo, quindi non solo le braccia e le gambe, ma anche il bacino, il petto e il collo.
Ogni danza africana ha il suo significato e un momento diverso in cui viene utilizzata. Esistono danze che vengono definite “dei guerrieri” dove vengono mimati colpi e mosse di combattimento, tipiche durante i funerali, oppure ci sono le Danze dell’Amore, che si praticano soprattutto durante le occasioni speciali come i matrimoni o gli anniversari. Infine, molto particolari, sono le Danze di Possessione, in cui vengono evocati gli spiriti, rappresentati da grandi statue che vengono interrogate sul futuro del villaggio e dei suoi abitanti.
Sulle danze popolari in Cina ci sarebbe da scrivere all’infinito, perché sono estremamente varie (dal teatro al balletto, passando per la danza rituale e quella acrobatica). Sapevate che il più antico carattere cinese per «danza» è proprio una rappresentazione stilizzata di un danzatore? Tra le danze tradizionali, eseguite in occasione di riti religiosi o celebrazioni, se ne possono comunque individuare due, eseguite per le festività. La danza del drago, tipica del Capodanno cinese, praticata in patria come nelle chinatown di tutto il mondo. Il lungo corpo di un drago finemente decorato, come anche la sua testa, viene issato su aste sostenute da almeno una dozzina di persone che sfilano simulando il movimento ondulatorio dello spirito nelle acque e per tradizione ci si richiama a questa creatura fantastica come simbolo di forza e dignità, latore di buona sorte, pur nell’ambivalenza di temibile forza; non a caso il simbolo ben si presta a indicare anche la figura dell’autorità (imperiale).
La Danza del leone è frequente durante festività come il Capodanno e per la festa di metà autunno. Questa danza è però eseguita da abili acrobati. Due di essi indossano un grande costume dalle sembianze mostruose, mentre altri artisti, che rappresentano gli esseri umani, danzano intorno al terribile animale. Inizialmente era riservata all’intrattenimento dei nobili, gli unici a poter dire di aver visto dal vivo un leone durante gli avventurosi viaggi che li portavano fuori dalla Cina. Oggi questa danza è considerata addirittura un’attività sportiva.
In Tibet esiste una danza tradizionale che significa «armonia nello spazio»: attraverso la Khaita si vuole promuovere l’interazione di un individuo con l’ambiente e le altre persone che lo abitano. Il Kathakali, invece, tipico della regione di Kochi in India, è un maestoso spettacolo dove i ballerini sono abbigliati con imponenti costumi coloratissimi e pesantemente truccati perché ogni minimo movimento del corpo e del volto evoca emozioni molto diverse, come l’amore, l’odio, la paura e la gioia.
E non può mancare un accenno al Giappone. Sembra che la Bugaku sia la forma di danza di corte connessa alla musica più antica del mondo tramandata fino a oggi. È una danza elitaria, si esegue dunque con movimenti ripetitivi, lenti e solenni. I costumi hanno una parvenza ricercata e rappresentano spesso avvenimenti leggendari. La Kagura, invece, è una danza sacra (lett. musica per gli dèi) che si esegue durante un offertorio alle divinità per ottenere in cambio un favore richiesto.
In Indonesia, la rappresentazione più popolare è senza dubbio la danza sacra Barong. È una messa in scena allegorica della lotta tra il bene e il male, tra Barong, una divinità dalle sembianze di drago, simbolo del bene, e la strega malefica Rangda, sua avversaria. In questa lotta, però, non può esserci un vincitore, perché il bene e il male sono eternamente compresenti nella vita degli uomini. La danza si conclude non di rado con la trance di alcuni spettatori.
La Kecak, chiamata anche Danza delle scimmie, ha avuto origine da un rito pre-induista per scacciare la peste. È diventato, nel tempo, un vero e proprio spettacolo in cui gli uomini a torso nudo (da 50 a 150), riuniti in cerchi concentrici, si dimenano, battono le mani, agitano le braccia e creano con la voce un suono ipnotico, cak cak cak. A un certo punto, entrano nel cerchio ballerini vestiti da scimmia o con abiti sgargianti che danzano per raccontare la lotta di Rama, aiutato da Hanuman (la scimmia bianca) a liberare la moglie rapita da un re straniero (l’episodio è ispirato al Ramayana uno dei grandi poemi epici indiani). Appena prima della fine, c’è un momento dedicato alla Danza del fuoco, dove un ballerino in trance cammina sui carboni ardenti.
In Australia sono molteplici le danze dei nativi aborigeni. Tra le più popolari però, merita una menzione la Wangga (o Wongga), un genere di musica e cerimoniale indigeni dell’area più a nord del paese. Attraverso il canto e la danza si esprimono temi ancestrali, legati al ciclo della natura, alla morte e alla rinascita. Le musiche e i testi delle canzoni sono ‘ricevute’ in sogno dagli spiriti degli antenati. La preparazione alla danza di giovani uomini implica la decorazione simbolica del corpo con pigmenti.
In Nuova Zelanda la danza Māori per eccellenza è l’Haka. La ricorderete sicuramente grazie agli All Blacks, la squadra Nazionale neozelandese. Prima di ogni partita la squadra esegue il Ka mate (lett. è la morte), una complessa e impetuosa arte performativa tradizionale. Il maestro dice: «kia kōrero te katoa o te tinana», ovvero: «il corpo intero deve parlare». È un’espressione di orgoglio identitario e appartenenza, ogni minimo movimento è pensato per impressionare, o intimidire. Gli uomini tatuati sono disposti su diverse linee e roteano gli occhi spalancati (pukana), tirano fuori le lingue con veemenza (whetero), digrignano i denti e si battono il corpo per manifestare coraggio.
In Polinesia, la danza tradizionale è legata a riti molto antichi che riguardano il rapporto dell’uomo con la terra madre e sono state tramandate fino ad oggi, nonostante la colonizzazione, grazie a una trasmissione prettamente orale e privata. Sappiamo bene che, politicamente, l’arcipelago delle Hawaii è uno stato degli Stati Uniti d’America, eppure, la Hula è uno degli stili più riconoscibili tra queste danze del Pacifico, insieme al Tamuré, conosciuto anche come Ori Tahiti.
La Hula è davvero caratteristica dello spirito hawaiano, si tratta di una danza sacra antichissima, accompagnata da canti o canzoni (oli/mele), le cui movenze raccontano il percorso naturale e ciclico della vita. La Tamuré, invece, si balla anche nelle Isole Cook e si presenta come un ballo energico e ritmato, accompagnato da percussioni infondono vibrazioni al corpo, in modo che i movimenti delle anche e dei fianchi siano particolarmente accentuati.
Quando si parla di balli in America non si possono non menzionare i balli latino-americani. Tra i più antichi troviamo la Rumba, nata a Cuba agli inizi del 1900, dopo l’abolizione della schiavitù. Rappresentazione della rinascita, ha una musica che si basa sull’utilizzo di strumenti di uso comune come maracas, tamburi e claves. È basata sul movimento di fianchi e bacini, particolarmente seducente ma che richiede anche un discreto allenamento.
Anche il Cha Cha Cha è di origine cubana, forse più semplice degli altri, prevede pochi passi base che si alternano tra di loro. E come dimenticare il Samba, che nasce a Salvador di Bahia dove gli schiavi rapiti dall’Africa occidentale sbarcavano prima di essere mandati a lavorare nei campi. E infine il Tango, tipico Argentino dove la passione si manifesta con passi del tutto improvvisati, in cui la donna segue l’uomo accompagnandolo in figure eleganti che sanno conquistare lo spettatore.
Uscendo dai canoni tradizionali troviamo invece la Capoeira. Disciplina nata come arte marziale, ma caratterizzata da musica, ritmo e armonia, motivo per cui tendiamo a considerarla una danza.I movimenti mimano una lotta, per ricordare gli schiavi durante il periodo di colonizzazione portoghese. Oggi ci si confronta a due, con movimenti acrobatici sostenuti dai tamburi battenti.
In Europa le danze tipiche sono veramente innumerevoli, come innumerevole è la diversità dei popoli che vi abitano. Il Valzer viennese, il Flamenco spagnolo, lo Shuhplattln bavarese, l’Hopak ucraino, citarli tutti sarebbe impossibile.
Tra i più noti e spettacolari i salti degli Highlands, ballerini scozzesi, sembrano sfidare la forza di gravità. In questa danza tradizionale viene messa in risalto la grande elevazione e i rapidi movimenti di piedi, in contrasto con la rigidità del busto. Energico allo stesso modo è lo Step Dance irlandese, un genere che si sviluppa nell’ultimo quarto del Settecento. Sono danze soliste che mettono in luce le abilità dei ballerini, caratterizzate dall’assoluta immobilità della parte superiore del corpo in contrasto con la velocità e il brio dei movimenti dei piedi. Imparare alla perfezione questo tipo di danza richiede un fisico allenato e molte ore di pratica.
Le danze tradizionali russe sono inconfondibili, e popolano il nostro immaginario da sempre, perché il tratto identitario è molto marcato. La cultura russa unisce sapientemente l’elegante tradizione classica e accademica con una vena più popolare… data la matrice acrobatica dei loro balli, è necessaria una preparazione fisica e tecnica non indifferente, che sono tutt’oggi all’origine del balletto! Le danze e i canti tradizionali di Russia, come la celebre Kalinka sono state affidate a vere e proprie istituzioni, come il Coro dell’Armata Rossa Orchestra e Balletto,
Infine, come non citare i balli tipici della penisola italica. A nord, e nello specifico in Alto Adige e Sud Tirolo (come nella vicina Austria) sanno tutti cos’è lo Shuhplattln. Una danza di gruppo, veloce e acrobatica, formalizzata nel 1850 sulla base di antiche ballate di corteggiamento. Del centro Italia, in Toscana, Umbria, Marche e Lazio, ricordiamo il Trescone, un ballo contadino di origini tedesche e medievali, eseguito in coppie che richiama alla raccolta nei campi o alla tresca amorosa.
A sud, invece, sono ancora molto diffuse alcune danze folcloristiche che derivano dalla Tarantella. Si balla, con molteplici varianti locali, anche in Calabria, in Sicilia e naturalmente in Puglia, dov’è conosciuta come Pizzica tarantata (Ballo di San Vito o Pizzicarella). Questa danza sembra derivare storicamente da un antico rituale simbolico salentino, che risale all’inizio del Settecento, atto a curare, proprio attraverso la danza, prevalentemente femminile, il tarantismo: una sindrome estatica e isterica diffusa nel Mediterraneo, che si credeva dovuta al morso di un ragno (chiamato anche tarantola).
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