C’è stato un tempo lontano in cui la mitica valle dell’oro sembrava una realtà possibile da raggiungere: era il luglio del 1778 e sette giovani gressonari, tentarono di valicare il Monte Rosa per raggiungere questa valle.
Le origini di questa leggenda però risalgono ai tempi in cui i walser scoprirono luogo meraviglioso, dove i pascoli erano sempre verdi e i prodotti della terra erano più abbondanti che mai.
I Walser nei loro abiti tradizionali | Fonte: Alagna.it
I gressonari sono walser, discendono cioè da un ceppo etnico la cui storia parte dal nord della Germania.
Già sul finire del Primo Millennio, forse a causa di una carestia, alcuni abitanti di quelle fredde terre nordiche se ne allontanarono migrando verso sud, per stabilirsi in Svizzera, nel Canton Vallese, dove acquisirono il nome di Walliser, poi contratto in Walser.
Dal Canton Vallese i Walser migrarono poi in aree diverse intorno al Monte Rosa e su tutto l’arco alpino, sempre in zone ubicate a quote elevate, meritandosi l’appellativo di popolo delle montagne.
Quella di Gressoney è la più occidentale delle oltre 60 Comunità Walser sparse tra Italia, Svizzera, Liechtenstein ed Austria. Il legame con le terre d’origine e l’abitudine a spostarsi da sud a nord delle Alpi, portò i Walser a trasportare anche merci divenendo commercianti, tanto che la valle del Lys fu detta Kraemertal, valle dei commercianti.
La leggenda della valle perduta, in tedesco, das verlorene thai, si tramanda da secoli e la sua origine è collegata proprio ai walser. Per ripercorrere le origini dobbiamo tornare indietro nel tempo.
Nei secoli tra il IX ed il XIV, infatti, l’area del Nord Atlantico fu interessata da un clima inusualmente caldo. Il periodo è noto come Medieval Warm Period (MWP) durante il quale molti ghiacciai si ritirarono e alcuni colli del Monte Rosa divennero transitabili. E proprio in quel periodo, le popolazioni vallesi si spinsero oltre il Massiccio del Monte Rosa, durante il periodo di optimum climatico, scoprendo un luogo ricco e fiorente.
Durante la piccola glaciazione però i passi si ghiacciarono, e i contatti con le terre originarie si interruppero. Si creò così la leggenda di una valle perduta (tramandata dalle popolazioni di Gressoney, Alagna e Macugnaga), incantata e ricca, e di una città famosa, ormai sommersa dal ghiacciaio per colpa dell’Ebreo Errante: la città di Felik, ancora ricordata nei toponimi del ghiacciaio di Felik e della punta Felik.
Qualcuno però sostiene che nelle antiche carte geografiche del 1600 era segnata una valle longitudinale tra la Valle d’Aosta e il Vallese e che quindi doveva per forza esistere un territorio al di là dei grandi ghiacciai del Monte Rosa.
In tanti provarono a salire le alte regioni del massiccio montuoso. Ma l’impresa rimasta alla storia è quella del 1778, a opera di sette gressonari (Valentino e Joseph Beck, Joseph Zumstein, Nicolas Vincent, Sebastian Linty, Étienne Lisco e François Castel) che partirono proprio alla ricerca della valle perduta. Per un momento credettero davvero di averla trovata, arrivati nei pressi di una roccia che emergeva in prossimità del Colle del Lys, videro una valle ricca di pascoli e di boschi che per molti era in realtà la valle di Zermatt.
Non riuscirono a scendere a per il mal tempo e si tirarono indietro. Decisero di tornare il mese successivo, in agosto, e raggiunsero la sommità del ghiacciaio del Lys, oltre i 4.000 metri. Non trovarono la valle perduta, ma quello che fecero segnò l’inizio della conquista alpinistica della montagna.
Il luogo raggiunto fu da allora chiamato Roccia della Scoperta (Entdeckungsfelsen, quota 4178 m). La notizia fu riportata anche dal Journal de Paris. Solo uno dei sette, Joseph Beck, affermava ancora la veridicità della scoperta.
La Valle Perduta cessò di essere un mito per i Walser e lo divenne per il mondo culturale del tempo: un giornale parigino parlò di Nuova Età dell’Oro, mentre alle indagini in loco di De Saussure tutti rispondevano che la Valle Perduta era solo una favola: “grande fu il mio stupore quando tutti i paesani mi risposero trattarsi di una favola“.
In “Monte Rosa, la montagna dei Walser”, Luigi Zanzi conclude con questa riflessione: «Nessuno più, oggi, può sognare l’esplorazione di una valle ancora ignota e intatta: eppure c’è una valle perduta che va riscoperta per la salvezza del Monte Rosa. È la valle della sua storia passata, terra così dimenticata e smarrita che sta per diventare incognita, una terra che se fosse ritrovata potrebbe ritornare nuovamente feconda di nuova vita per la montagna e per le genti che tra le sue pieghe vivono. Le terre della storia non possono sopravvivere se non attraverso altra storia; occorre che una comunità se ne faccia interprete, che “resista” a tentare di vivere anche di quella storia».
Condividi su:
Potrebbe interessarti anche
Animi nomadi al servizio di menti curiose.
Non perderti le nostre rubriche, nutriremo la tua sete di conoscenza e la tua voglia di esplorare il mondo.