Non esiste altro luogo abitato nel mondo tanto isolato nel mare come la Polinesia cilena.
Questa eccezionale collocazione geografica rende Rapa Nui (Isola di Pasqua) un luogo unico, autentico, affascinante e misterioso.
Durante i secoli e prima dell’arrivo dei naviganti europei, l’Isola di Pasqua ha avuto diversi nomi: il nome indigeno più antico, tramandato fino ai nostri giorni attraverso racconti orali, è Te Pito O te Henua, che si traduce come “l’ombelico del mondo”. Secondo i racconti degli anziani questo era il nome dato all’isola dal primo re Hotu Matu’a, quando arrivò con il suo popolo proveniente dalla Polinesia. Ancora oggi esiste un sito sull’isola dove c’è una misteriosa pietra circolare che viene chiamata proprio l’ombelico del mondo, e alla quale si attribuiscono poteri particolari. Basta provare ad appoggiare una bussola sopra la pietra per vedere come questa “impazzisce” per dimostrare che il luogo ha un particolare magnetismo.
Il nome Isola di Pasqua, invece, fu dato dall’esploratore olandese Jakob Roggenveen, che la scoprì proprio il giorno di Pasqua del 1722.
Spiagge di sabbia rosa, vulcani e praterie, ma soprattutto 1000 moai, che furono testimoni silenziosi di una società complessa. I Moai sono statue monolitiche, ricavate e scavate da un unico blocco di tufo vulcanico, in particolare del Vulcano Rano Rararku, il sito più impressionate di tutta l’isola: ancora oggi non si conosce il mezzo o il modo utilizzato per spostare i Moai. In questa zona, sono stati scoperti più di 300 Moai con differenti stati di costruzione.
Il significato dei moai è ancora oggi poco chiaro ed esistono ancora molte teorie a proposito. La teoria più comune è che le statue siano state scolpite dai polinesiani abitanti a partire dall’anno 1000 d.C. Il significato più comune tramandato dagli attuali discendenti maori è quello di essere monoliti augurali portatori di benessere e prosperità dove volgono lo sguardo. Per questo nell’isola di Pasqua sono tutti rivolti verso l’interno dell’isola, per proteggere la terra e coloro che l’abitavano. Si ritiene inoltre che i piccoli moai siano le rappresentazioni degli antenati defunti o di importanti personaggi della comunità, a cui vennero dedicate come segno di riconoscenza, mentre per quelli grandi tra le tante spiegazioni possibili vi è anche quella a sfondo religioso.
Una leggenda dell’Isola di Pasqua narra che dal cielo giunsero degli uomini uccello (Tangata manu) che potevano volare. Il loro capo si chiamava Makemake e, secondo la mitologia locale, era il creatore dell’umanità, il dio della fertilità e la divinità principale del culto dell’uomo uccello. La sua immagine è stata scolpita su alcune rocce presenti sull’isola. I colossi di pietra si muovevano grazie a una forza misteriosa che solo due sacerdoti erano in grado di controllare. Un giorno, però, i due sacerdoti scomparvero e da lì il lavoro di costruzione delle statue fu sospeso. E’ il motivo per cui una schiera di statue è rimasta incompiuta. Gli studiosi fanno coincidere questo momento con l’anno 1500.
Il territorio dell’isola è ricoperto da quattro vulcani, Poike, Rano Kau, Rano Raraku e Terevaka. Per questo motivo l’Isola di Pasqua è molto selvaggia e non si trovano molti animali, se non cavalli, pecore, mucche e maiali importati dalla terraferma. Il mare non è caratterizzato dalla barriera corallina come altre isole del Pacifico. Tuttavia, nelle sue acque vive una grande colonia di capodogli che possono essere osservati dai visitatori dell’isola. Per chi ama praticare trekking ed escursionismo è la meta ideale. E’ il luogo adatto anche per chi ama gli sport acquatici: presso le spiagge dell’isola, ad esempio, sono presenti alcuni centri immersioni che noleggiano l’attrezzatura e organizzano uscite in barca nei migliori punti di immersione e snorkeling attorno all’Isola.
La gastronomia Rapa Nui, si basa principalmente sui prodotti freschi locali: frutti di mare, ad esempio l’aragosta “ura”, la coda di rospo o rana pescatrice, il tonno, il pesce spada, i ricci (hetuke, mana), l’anguilla, il polpo, le lumache di mare, alghe e altre specie del Pacifico. Nelle acque locali si contano 167 diverse specie di pesci, 97 delle quali sono costiere e le altre di acque più profonde.
Il piatto più tradizionale dell’isola è il Tunu Ahi, pesce appena pescato e cucinato su pietre roventi, da mangiare sulla costa in riva al mare. La tradizione vuole che la prima parte da consumare sia il kokoma del pesce (l’intestino), gustoso e molto apprezzato dalla gente del posto.
La cucina locale offre anche piatti di carne, come il maiale o l’agnello, cotti alla brace e accompagnati da tuberi quali le patate dolci, la manioca e il taro.
Ad Anakena, i sette Moai di Ahu Nau Nau, quattro con acconciature e gli altri solamente con busto, creano un’atmosfera incredibilmente suggestiva affacciandosi sulla meravigliosa spiaggia caraibica. Una spiaggia dalle acque calde, tranquille e turchesi, sabbie bianche coralline e palme, contornate come sfondo da due Ahus… un paesaggio unico da non perdere, magari rilassandosi nei chioschi vicini al mare, gustando le empanadas di tonno e il tradizionale poe, un budino dolce a base di zucca e farina.
Un’Isola sorprendente, dai colori e sapori intensi, avvolta da un alone di mistero che incanterà anche i viaggiatori più scettici ed esigenti!
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