Home » Maraya Concert Hall – L’edificio a specchi più grande del mondo
E’ l’edificio a specchi più grande del mondo: lo certifica il Guinness World Records. La Maraya Concert Hall si trova ad AlUla, provincia del nord-ovest dell’Arabia Saudita. La parola “Maraya” in arabo significa specchio e l’edificio ha ricevuto l’appellativo di “meraviglia riflessa” grazie agli enormi specchi che sono stati applicati a tutta la struttura e che mettono in risalto l’incantevole paesaggio naturale che lo circonda.
“Meraviglia riflessa”. Così è stata soprannominata la Maraya Concert Hall a Wadi Ashaar, vicino ad Hegra, nella regione di Alula, il primo sito storico dell’Arabia Saudita nominato Patrimonio Mondiale dell’Umanità dall’UNESCO, che aprirà al turismo in ottobre 2020. In effetti il colpo d’occhio è sorprendente: gli enormi specchi applicati tutt’intorno alla struttura, infatti, creano un effetto di grande impatto, che valorizza la bellezza del paesaggio circostante.
E’ anche stato costruito in tempo record: appena 10 settimane, grazie al lavoro di un team di oltre mille persone, tra tecnici e collaboratori. Attrezzata con i più avanzati impianti audio teatrali e operistici, è alta 26 metri e include una sala concerti da 500 posti a sedere, che ha già accolto le performance di artisti internazionali come Andra Bocelli. In più un palcoscenico, un ristorante con terrazza panoramica sul deserto e opere d’arte tra cui un’installazione dell’artista giapponese Yayoi Kusama.
Giò Forma è lo studio d’architettura milanese fondato da Cristiana Picco, Florian Boje e Claudio Santucci che, dopo l’Albero della Vita disegnato per Expo Milano 2015 e le scenografie per le due prime della Scala 2018-2019 con la regia di Davide Livermore, ha portato a termine questo mirabile lavoro. Costruita in soli quattro mesi, grazie alla collaborazione con Black Engineering e una squadra di oltre 1300 elementi al lavoro), è un’idea che, spiegano gli architetti milanesi, nasce proprio dal rifiuto di segnare irrimediabilmente un luogo con un landmark fine a sé stesso.
Siamo tra l’altro in un’area dall’enorme valore archeologico e paesaggistico, la valle di Wadi Al-Qura nella regione di Al-’Ula, definita “la Petra dell’Arabia Saudita” grazie alle testimonianze monumentali dell’impero dei Nabatei. «In questo luogo avevamo già realizzato una struttura temporanea, un polo attrattivo per il turismo. Quando ci hanno chiesto di pensare un’architettura permanente, la prima risposta è stata: no, in un posto così bello non si può costruire», raccontano. «Poi è arrivata l’idea dello specchio. Così l’edificio diventa palcoscenico di ciò che lo circonda, che è poi la vera attrazione». Tra l’altro il fondale del gigantesco palco (50×20 metri) è una vetrata di 800 metri quadrati che si può aprire completamente per utilizzare l’ambiente naturale come spettacolare scenografia.
Piuttosto essenziale il design degli interni, in cui si sviluppano la lobby d’ingresso, l’area lounge e i Vip box della sala concerti. Qui si è scelto di utilizzare il più possibile i materiali locali (soprattutto la pietra) per evocare una costruzione scavata nella roccia dall’uomo e dal vento. E dalla terrazza-ristorante sul tetto si può ammirare il mutevole effetto della luce sul canyon circostante, a qualunque ora del giorno e della sera. L’obiettivo? «Aggiungere qualcosa al passato, non cancellarlo. Per questo i nostri lavori futuri saranno sempre più in contesti aperti, come le piazze delle grandi città, con la loro storia e i loro riti sociali. I nostri interlocutori sono le nuove generazioni, che ormai hanno visto tutto. Ed è quando hai visto tutto che ritorni all’essenziale. Un essenziale non solo da vivere, ma che emozioni. Proprio come uno spettacolo».
La regione vuole essere la destinazione prescelta dagli artisti per trarre ispirazione da un territorio che mette in risalto le vestigia delle civiltà che lo hanno abitato nei secoli ed enfatizza l’importanza di architettura e arte nello sviluppo della cultura di ogni epoca.
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