Home » Quel ramo del lago di Ohrid, trampolino verso l’Albania
Il Capodanno in Macedonia Easy Nite è appena terminato…un viaggio straordinario tra neve, moschee e panorami da cartolina. Roberto Codebò, instancabile compagno di viaggio, ci racconta la sua esperienza e il suo punto di vista dopo aver vissuto a pieno questo Paese meraviglioso.
Tirana, 3 gennaio
Uscendo da Skopje, la strada inizia presto a salire verso la regione montuosa dell’ovest. Il Canyon Matka, la mattina di capodanno, funge da festeggiamento posticipato. Freddo pungente, nella gola che conduce verso l’omonimo monastero di Matka. Quindici ottimi minuti a piedi, su un sentierino proprio sulle rive del fiume, tra muretti e piccole barche – ovviamente tenute lì per l’estate – che evocano vivissime suggestioni manzoniane. Le quali devono qualche ora dopo cedere il passo ad altrettanto vive suggestioni dolomitiche: il monastero di San Giovanni Battista punteggia le pendici di monti in cui la neve brilla per la sua assenza, e i monaci brillano per il loro storico acume nella scelta delle location…
“Quel ramo del lago di Ohrid…”. Le suggestioni manzoniane ci inseguono lungo la strada che lambisce più volte il confine con l’Albania. Il lago di Ohrid giace proprio a cavallo tra Macedonia e l’Albania stessa. Insospettabile resort estivo caro ai locali ma anche ad olandesi e altri, che funge per noi da base per l’escursione albanese. Non prima però di aver proseguito il giro dei monasteri ortodossi dietro la la nostra guida, che, docente presso uno dei vari seminari macedoni, mostra di chiacchierar volentieri tanto di dogmi ortodossi, quanto di calcio internazionale… Dall’ennesimo sito religioso, la splendida giornata di sole del 2 gennaio regala al gruppo il passaggio in barca dall’attracco della città vecchia fino all’hotel. Le rocce a picco sul lago sarebbero care allo stesso Manzoni; il barcaiolo è invece più nello stile di Herman Melville… Siccome non c’è due senza tre, l’orchestra di scena nel nostro hotel pensa bene di fare onore a Toto Cutugno: tocca naturalmente al vostro cronista-viaggiatore cantare dal vivo “L’Italiano”…
Il confine albanese dista da Ohrid soltanto una manciata di chilometri, ampliati a dismisura delle noiose lungaggini nei controlli di rito. Al di là della frontiera, il Paese delle Aquile tarda a rivelare il proprio prepotente sviluppo economico di questi anni. L’entroterra montuoso è la zona più povera del paese, e la strada stretta e tortuosa impegna severamente l’autista del nostro ottimo pulmino da venti posti (e qui, molti dei miei venti lettori sanno quanto il vostro cronista-viaggiatore avrebbe voglia di prendere il volante…). Ai bordi della strada, qualche vecchietto pericolosamente accovacciato fa da sfondo a case iniziate e mai finite; un ragazzo trascina letteralmente sacchi di patate da un capo all’altro della carreggiata, lasciando malvolentieri la scena ai primi tentativi di autostrada, la cui segnaletica ci fa sentire al cento per cento a casa.
Italia e Albania, Albania e Italia. Dopo la fine della Guerra Fredda, quasi tutti i Paesi si sono rivolti verso la ex Madrepatria. Così espresso, il concetto dalle nostre parti sfuma, prevaricato da stantii pregiudizi sull’immigrazione, un quarto di secolo dopo quei primi boat people transadriatici. Allora, l’Albania era appena uscita dal Medioevo; oggi, Tirana brilla di fresco benessere sull’immutabile sfondo balcanico. Al museo etnografico di Krujë, la guida cita con eguale non-chalance Luciano Moggi e Oronzo Canà… Quant’è diverso tutto ciò dalle frasi fatte che i venditori salmodiano in italiano in ogni angolo del pianeta! Qui, l’elemento italiano è autenticamente e visceralmente fondante della cultura locale. L’unico posto al mondo dove gli italiani sono visti come gli inglesi nei Paesi del Commonwealth… Nel museo dedicato a Skanderbeg, l’eroe nazionale, tre ragazze locali si uniscono alla nostra visita guidata nella lingua di Dante, che com’è ovvio comprendono perfettamente. “Siamo amici”, ci sorride una venditrice di souvenir con toni così lontani dalle nenie pro business… Mentre ridiscendiamo su Tirana, il tramonto svela il contrasto ottico della capitale: da un lato, insolite oscurità ricordano vecchi coprifuochi; dall’altro, luci da Las Vegas ricordano che l’aquila albanese vola sempre più alta. In nome di quell’amicizia antica e profonda tra le opposte sponde dell’Adriatico.
Roberto Codebò
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