Cibo tipico del Nord Africa, ma anche della Sicilia, il cous cous o cuscus, è l’ingrediente principale di tanti piatti versatili e completi che arrivano sulle nostre tavole soprattutto in estate.
Il cous cous è formato solitamente da granelli di semola di grano duro, che sono stati lavorati con acqua e poi cotti al vapore. Molto ricco di carboidrati e amidi, sostanzialmente ha gli stessi valori nutritivi della pasta ma è più saziante, perché assorbe molta acqua. Per questo è perfetto per piatti unici sia vegetariani che di carne, come nella tradizione nord africana, o di pesce, come si usa nel nostro Sud.
Non si hanno ancora molte notizie sulla sua datazione. Probabilmente si è iniziato a diffondere in epoca medievale, con alcuni storici che individuano le origini intorno al VII secolo dopo Cristo. Ciò che è certo è che il cous cous nasce come alimento povero. Una delle ipotesi più accreditate è che fosse la principale fonte di sostentamento del popolo berbero, localizzato in Africa subsahariana e lungo le coste magrebine.
Questa popolazione praticava il nomadismo e la pastorizia e sfruttava come materia prima essenzialmente grano e cereali. Questi, però, dovevano essere trattati in modo opportuno per conservarsi e restare buoni da cucinare anche dopo un lungo periodo di stoccaggio. Si diffuse così la tecnica di frantumare, setacciare, lavorare a mano e far seccare questi cereali. Venivano poi raccolti in grandi sacchi di tela e sistemati nella parte più fresca delle tende degli accampamenti.
Sulla spinta delle conquiste degli Arabi il cous cous è presto entrato in contatto con il nostro Paese. La terra che ha subito accolto questa pietanza è ovviamente la Sicilia, dove ancora oggi c’è un vero culto. Ma tracce si notano anche in Sardegna e in altre regioni.
Dal punto di vista storico, le prime testimonianze italiane sul cous cous risalgono a Giovanni Battista Ramusio che, alla metà del Cinquecento, pubblica il volume “Delle navigazioni et viaggi”. Qui, Giovanni Leone dei Medici, un berbero naturalizzato italiano, parla appunto del cuscusu mangiato dalle popolazioni marocchine insieme a “carne bollita, et insieme cipolle et fave”.
Oggi, il cous cous è uno dei piatti tradizionali della Sicilia ed è uno dei simboli della gastronomia di Trapani, e in suo onore si organizzano festival, sagre, eventi vari. Il più famoso è probabilmente il Cous Cous Fest di San Vito Lo Capo, che vede sfidarsi chef di tutto il mondo nella preparazione di questa deliziosa specialità.
Oltre a essere un alimento pratico, sin dall’antichità il cous cous si è imposto anche come un piatto ricco di fascino e di “mito”. Una leggenda siciliana, ad esempio, chiama in causa il famoso Re Salomone, sofferente e inappetente per le pene d’amore causate dalla Regina di Saba. Si narra che trovò conforto proprio grazie al cuoco di corte, che preparò al sovrano un impasto di semola e spezie, tra cui il cumino, che restituì vigore e lucidità al re.
Oltre a essere un rimedio universale, il cous cous è anche simbolo di pace e amore, come testimoniano alcuni riti collegati. In particolare, nel corso dei banchetti nuziali i novelli sposi dei popoli del Maghreb consumano un piatto di “cuscus permesso”, che li autorizza a procedere con l’intimità della prima notte a patto che conservino un po’ di cibo da offrire ai poveri.
Il couscous è un eccellente simbolo di integrazione e di unione, perché si sposa alla perfezione con ogni tipo di ingrediente con cui viene a contatto. In questa sua storia millenaria ha superato tutti i confini e ha saputo adeguarsi a ogni tradizione alimentare, credenza religiosa e abitudine conviviale, generando numerose varianti.
Il cous cous alla magrebina è un ricco piatto marocchino unico nel quale la carne di manzo o agnello, si incontra con un mix di verdure e tantissime spezie perfette per rendere incredibilmente profumato un piatto sorprendente prima alla vista, poi al palato.
Quello alla trapanese è il cous cous di pesce per antonomasia. Si realizza con un mix tra dentici, scorfani, cernie, orate, triglie, gamberi. Con le teste e le lische si prepara un brodo; con il resto, invece, un condimento semplice in padella. Ad insaporire il cous cous c’è anche una salsa di pomodoro arricchita con mandorle pelate e prezzemolo, che viene unita direttamente al cous cous fatto rinvenire nel brodo.
Quello con le verdure, che ricorda il tabuleh, è probabilmente la versione che piace a tutti. Si prepara con gli ortaggi di stagione da aromatizzare con un mix di spezie a piacere, in modo da ottenere un cous cous di verdure saporito. Si può fare con quelle grigliate o saltate in padella. In ogni caso si tratta di un piatto vegetariano che si adatta alla dieta mediterranea.
E non poteva mancare la versione con la carne. Tra le ricette con cous cous, questa è una delle più comuni. Spesso si realizza con il pollo, che viene fatto cuocere a tocchetti in padella in una salsa al curry – con o senza latte di cocco.
Per far rinvenire il cuscus tradizionalmente ci sono pentole apposite, chiamate appunto cuscussiere. Sono composte da due contenitori, uno sopra l’altro. Quello inferiore è una normale pignatta dove si fa bollire l’acqua o il brodo, sui cui poi si incastra quello superiore, una specie di colapasta, caratterizzato da un fondo forato.
Se volete provare a preparare il cous cous a casa, potete anche creare una couscoussiera casalinga: usate una pentola dai bordi alti e posizionate sopra di essa uno scolapasta. È fondamentale che entri perfettamente nella pentola, in modo che siano siano ben attaccati fra loro. Potete sigillarli mettendo un panno di cotone inumidito intorno ai bordi, in modo che il vapore non fuoriesca.
Un altro elemento simbolico legato a questo piatto riguarda il rito del suo consumo, che lo rende a tutti gli effetti un progenitore del moderno finger food. Da sempre infatti le popolazioni arabe mangiano il cous cous con le mani, o più precisamente con le dita, prendendo la propria porzione da un piatto comune come segnale di forte legame con i commensali. L’etichetta prevede di prendere il cous cous con tre dita e formare una pallina da portare alla bocca. Molto importante è rispettare il gesto, perché nel Corano si legge che “con un dito mangia il diavolo, con due il profeta e con cinque l’ingordo”.
Oggi prepariamo insieme il cous cous nella sua variante alla trapanese. Ma senza trucchi: niente cous cous precotto!
Difficoltà: media
Tempo di preparazione: 30 minuti
Tempo di riposo: 1 ora
Tempo di cottura: 2 ore
Porzioni: 4 persone
Qui, invece, una video ricetta della versione marocchina:
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