Home » Kirikù e la strega Karabà: la saggezza africana
Kirikù e la strega Karabà (Kirikou et la Sorcière) è un lungometraggio animato del 1998 ideato, scritto e diretto da Michel Ocelot, basatosi su un racconto folkloristico dell’Africa occidentale.
Ambientato in un’Africa credibile, fedele alla realtà pur nella trasposizione artistica del cartone animato, il film ripropone il sapore di questo continente, evidenziando il posto che hanno la musica, il canto, la danza e la festa. Ma non solo. Il film è un percorso di crescita, un viaggio ascetico che trasformerà un bambino in un uomo.
La storia è ambientata in Africa dove i colori bruni e caldi della savana delineano i profili delle umili capanne di un villaggio sul quale aleggia un misterioso sortilegio. La strega Karabà ha privato un villaggio della sua fonte d’acqua ed eliminato tutti gli uomini che hanno osato sfidarla.
Kirikù nasce da solo dal ventre materno, già in grado di parlare e minuscolo come un folletto. Più che un bambino è la rappresentazione stessa della purezza dell’uomo, della sua innocenza e della vivacità intellettuale. Volendo porre fine al sortilegio, Kirikù annuncia alla madre di voler partire per sfidare la strega e conoscere il segreto della sua perfidia.
Dopo aver superato ostacoli e pericoli, Kirikù arriva finalmente alla Montagna Proibita, dove vive il nonno, conosciuto come il Saggio della Montagna. Questi lo accoglie, lo elogia per il suo coraggio e quindi gli rivela la verità. Karabà non ha mai mangiato gli uomini, li ha trasformati in oggetti ubbidienti, e non è malvagia. Fa del male perché soffree, ha una spina avvelenata nel corpo che le dà i poteri di strega a cui lei non vuole rinunciare.
Il tenero incontro con il nonno aiuterà Kirikù a ritrovare la fiducia nelle sue capacità interiori e a non ricorrere ad “amuleti” esterni come strategie per combattere il male.
Le peripezie di Kirikù per affrontare la strega hanno il sapore del viaggio ascetico. Infatti, il bambino, dovrà affrontare una serie di prove che lo porteranno a raggiungere una nuova forma, che sarà poi quella adulta di uomo fatto e completo. Affrontando i problemi con astuzia e ingegno e soprattutto non fermandosi mai sulla superficie delle cose del mondo, Kirikù svelerà una realtà ben diversa da quella che gli viene presentata dal comune sapere del villaggio.
Kirikù di una cosa non ha mai paura: della verità. Sa che la ricerca della verità è la scelta migliore e che non va taciuta. Si stupisce,infatti, quando invece la gente del villaggio non crede alla sua parola riguardo al cambiamento avvenuto in Karabà. Per tutti una strega non può cambiare, mentre lui è convinto di sì. Non rimane bloccato in un pregiudizio.
Il percorso avventuroso di Kirikù si può leggere allora come un cammino di iniziazione, un’uscita progressiva dall’infanzia. Così, acquisisce autonomia di giudizio, libertà di azione, maturità nelle scelte, capacità di amare autenticamente. Kirikù “diventa grande” per tutti questi motivi e prodigiosamente lo vediamo crescere sotto i nostri occhi, trasformandosi da bimbetto in un giovane aitante. È ormai un uomo interiormente, per questo può diventarlo anche fisicamente.
In questo poetico miscuglio che unisce mitologia e tradizione africana con un ritmo soave, il sottofondo delle note di Youssou N’Dour rende ancor più animati i disegni e vibranti i colori del maestro francese.
Pur essendo ambientato in una realtà totalmente differente dalla nostra, dipinge in maniera insolita la metafora della vita e i suoi misteri.
Ambientato in un’Africa credibile, fedele alla realtà pur nella trasposizione artistica del cartone animato, il film ripropone il sapore di questo continente. Ne evidenzia l’importanza che hanno la musica, il canto, la danza e la festa. Si canta e si danza in ogni situazione, persino nelle più drammatiche, come il lamento su Kirikù creduto annegato. I bambini cantano la gloria del loro eroe Kirikù quando li salva. Infine c’è l’esplosione della gioia con i tamburi suonati dagli uomini finalmente non più feticci.
Il film ha avuto difficoltà distributive dovute alle nudità mostrate. Per restare fedele alla realtà africana, infatti, le donne del villaggio sono tutte e seno scoperto, ma a parte questo non vi sono né scene né allusioni sessuali di alcun genere.
Un piacevole divertimento tra colori etnici e un intreccio che mescola la tradizione Occidentale a quella primitiva africana.
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