La mia Africa, è proprio il caso di dirlo, è una di quelle rarità in cui romanzo e film sono egualmente meravigliosi, in modi diversi: il romanzo riesce a trasportare il lettore nella selvaggia e appassionata Africa mentre il film si concentra sulla romantica storia d’amore intrisa di passione e la libertà… ma entrambi sono in egual misura portatori un mix perfetto di avventura e poesia.
Il romanzo, pubblicato nel 1937, è la storia autobiografica della baronessa danese Karen Blixen che, assieme al marito, si trasferisce in Kenya a inizio Novecento e finisce per innamorarsi perdutamente di questa terra, nonostante i quasi vent’anni vissuti lì le riservino anche molti dolori e difficoltà.
Il tema dominante del libro è proprio il rapporto intenso che la baronessa instaura con l’Africa, con la sua natura e con il popolo Kikuyu, un’etnia kenyota con cui lei entra maggiormente in contatto e che, poco alla volta, impara a conoscere e a comprendere.
Karen Blixen riesce a farci respirare l’immensità degli spazi africani ma allo stesso tempo riesce a far trasparire il rapporto problematico tra questo Paese non più libero e i suoi colonizzatori, di cui lei fa parte ma da cui prende le distanze, sostenendo che l’Africa sia più pura dell’Europa e più vicina al mondo che dio aveva preparato per gli uomini.
Sydney Pollack, nel 1985, gira l’omonimo film (passato alla storia per le immagini davvero spettacolari con cui nel 1985 sbancò agli Oscar conquistando numerose statuette). La straordinaria Meryl Streep (allora considerata non abbastanza sensuale per il ruolo) veste i panni della baronessa e Robert Redford di Denys, un uomo di cui lei si innamora perdutamente e che le insegna molto sull’Africa e sulla libertà. Nel romanzo questo rapporto è appena accennato ma Pollack riesce qui a farlo diventare perno centrale della storia senza banalizzare tutto il resto e, anzi, riuscendo a far battere romanticamente il cuore a noi spettatori. I paesaggi mozzafiato e la perfetta e accurata ricostruzione del periodo coloniale rendono questa storia d’amore indimenticabile e ci tiene incollati allo schermo sognando terra brulla, leoni e crinoline.
Ci è voluto un mese per realizzare il set. Lo scenografo Stephen B. Grimes ha trascorso un mese a costruire una replica della Nairobi del 1913. I set esterni del film sono stati costruiti non lontano da dove un tempo viveva la vera Blixen, nella zona conosciuta come Karengata. La casa della Blixen non era disponibile per le riprese, poiché faceva parte di una scuola per infermieri.
Per tutti noi Karen e Denys sono loro due, con le pose da grandi attori, gli sguardi innamorati, gli abiti eleganti, le loro conversazioni e i thè in giardino, i capelli biondi scompigliati dal caldo vento africano, gli stessi capelli lavati da lui a lei in una delle scene più romantiche del film.
Tutti questi anni intensamente vissuti tra il 1914 e il 1931 lei voleva assolutamente raccontarli, renderli eterni, come il ricordo dello sfortunato pilota.
Questa agiata donna danese, cresciuta in una ricca famiglia borghese, con una vita piena di cultura e di mondanità, avrebbe rivisto l’Europa quasi vent’anni dopo, sentendosi una persona completamente diversa e cambiata. Irradiata di luce africana, quel viaggio le aveva donato una sensibilità tale da permetterle di comunicare in modo empatico coi poveri abitanti dei villaggi e a cogliere un senso della vita più semplice ma comunque più alto.
Per la Blixen tutto ciò che era africano significava libertà, natura e incanto.
Nel film di Sidney Pollack, Meryl Streep riesce a comunicare benissimo la ricerca dell’indipendenza femminile e quell’essere combattuti tra il restare nel luogo del cuore o tornare dove si appartiene, in un mondo solo in apparenza selvaggio.
Indimenticabili quelle savane, habitat naturale di elefanti e bufali, leoni e leopardi, ippopotami e giraffe. Le riprese dall’alto sul lago Nakuru invaso da migliaia di fenicotteri , gru e zebre , con le acrobazie aviatorie del biplano guidato da un Robert Redford. Anche se in quei voli gli indigeni non lo capiranno mai, ponendo mille domande, tra cui una delle più celebri:
Un viaggio come quello di Karen Blixen si può rivivere anche oggi: un lungo safari, una visita al museo della scrittrice a Nairobi, il tutto arricchito con un paio di novità dei nostri tempi: un soggiorno al “Segera Lodge” per vedere dal vivo il biplano Gypsy Moth guidato da Redford o fare un pic-nic al tramonto davanti alle colline Ngong, quelle fantastiche colline iconiche riportate sulla cover del disco, del libro e del film. Oppure visitando la tomba nell’erba del pilota Finch Hutton che, come viene rivelato nel poetico finale del film, è diventata un luogo di ritrovo per una coppia di leoni, davanti alle verdi distese dell’Africa.
Condividi su:
Potrebbe interessarti anche
Animi nomadi al servizio di menti curiose.
Non perderti le nostre rubriche, nutriremo la tua sete di conoscenza e la tua voglia di esplorare il mondo.