Il 31 gennaio 1991, usciva nelle sale Mediterraneo: il quinto film di Gabriele Salvatores.
Terzo film della cosiddetta quadrilogia della fuga, dopo Marrakech Express e Turné (ai quali si aggiungerà Puerto Escondido). Un film cult per un’intera generazione che hanno al centro protagonisti in viaggio costretti a fare i conti con la propria vita.
Il grande successo della quadrilogia esplode però con Mediterraneo che a sorpresa vince l’Oscar come miglior film straniero, un Golden Globe per la colonna sonora e il David di Donatello al Miglior Film, al Miglior Montaggio e al Miglior Sonoro.
1941, Seconda Guerra Mondiale.
Un plotone di 8 soldati italiani sbarca su una piccola isola della Grecia (Kastellorizo) per presidiarla dall’attacco del nemico. Qui in attesa di ordini, che mai arriveranno a causa della loro radio militare danneggiata, trascorreranno 4 anni. Isolati quindi dal mondo e dal conflitto bellico i soldati vivranno sull’isola in pace ed equilibrio con la natura del posto ed i suoi abitanti.
La fedeltà alla bandiera a cui sono legati i suoi valori e la loro terra, quella italiana, perderà cosi il senso della sua unità e finanche lo scopo della sua lotta. È infatti l’amore e la serenità il rifugio sacro in cui gli uomini scoprono e ritrovano se stessi. Ecco allora come l’uomo di guerra, il soldato, torna ad essere l’uomo del mondo e della sua terra, quella priva degli artefici confinanti. Cosi che alla fine della storia poco senso assume se i nemici, gli inglesi, approdano come alleati.
Ad interpretare i soldati troviamo un gruppo di attori da sempre vicini al mondo di Gabriele Salvatores. A comandare il gruppo c’è il tenente Mortini (Claudio Bigagli), un intellettuale amante dell’arte e di Omero. Il suo attendente è il timido Farina (Giuseppe Cederna). Gigio Alberti interpreta l’alpino Eliseo Strazzabosco, accompagnato dalla sua fedele asina Silvana. I fratelli Libero (Memo Dini) e Felice Munaron (Vasco Mirandola) sentono nostalgia della loro montagna. Non sanno nuotare e non sono certo i soldati ideali per una missione su un’isola. Corrado Noventa (Claudio Bisio) ha tentato più volte di disertare, per tornare dalla moglie incinta in Italia. Poi c’è il marconista inetto Colasanti (Ugo Conti), sempre vicino al sergente Nicola Lorusso (Diego Abatantuono).
Mediterraneo non è un film di guerra ed è pieno di incongruenze storiche. Ma più che di approssimazione si tratta di una licenza poetica. Il fine ultimo non è l’attendibilità storica. L’ambientazione bellica, infatti, è solo un pretesto per raccontare lo stato d’animo di una generazione. Nello specifico, la generazione dei 30-40enni degli anni 90 che tirano le somme sulla propria vita, sulla perdita dei loro ideali e su quello che non sono riusciti a costruire. Lo dice in maniera chiara Abatantuono nel finale: “Volevamo cambiare l’Italia e non siamo riusciti a cambiare niente”. È un film universale in cui chiunque può rivedersi e che parla ad ognuno di noi nel presente.
Mediterraneo si apre con una frase di Henri Laborit «in tempi come questi la fuga è l’unico mezzo per mantenersi vivi e continuare a sognare» e si chiude con una dedica «a tutti quelli che stanno scappando». I soldati si interrogano su cosa sia giusto fare quando, con la radio non più funzionante, restano senza ordini sull’isola. Questi uomini, più che combattenti, sono combattuti tra la voglia di tornare a casa e quella di rifugiarsi nella pace dell’isola per sfuggire alla guerra. Una fuga dalle responsabilità e dai problemi della vita quotidiana, in cui il viaggio diventa un modo per conoscere sé stessi.
Al centro, come sempre nei film di Salvatores, e in particolare nella Quadrilogia della Fuga, c’è l’amicizia tra uomini, fatta di cameratismo e di goliardia.
Mediterraneo di Gabriele Salvatores è stato girato sulla piccola isola di Kastellorizo, nel Dodecaneso, e in particolare nella città di Megisti. Un luogo strategico per il commercio, vista la sua vicinanza con la Grecia (non è lontana da Rodi) e con la Turchia (distante quasi tre chilometri). Una posizione fortunata, che si trasformò in sfortuna visto che tutti i conquistatori si contesero nella storia la sua proprietà. Ciascuno di essi ha lasciato qui cicatrici e tracce architettoniche del suo passaggio, trasformando Kastellorizo in un libro di storia a cielo aperto.
All’inizio del Novecento avvenne il suo crollo definitivo. Da circa 15.000 abitanti passarono drasticamente a quasi 200, tutti concentrati nella città di Megisti. La causa furono i bombardamenti tedeschi durante la seconda guerra mondiale e le deportazioni compiute per mano degli inglesi.
Se non fosse stato per il film di Gabriele Salvatores, pochi sarebbero venuti a conoscenza dell’esistenza di questa oasi in mezzo al mare, con i suoi nove chilometri quadrati di roccia circondati da un mare cristallino, color smeraldo.
Kastellorizo ha una storia secolare: l’isola infatti è stata la sede di minoici e micenei già nel Neolotico. Durante l’epoca ellenistica, faceva parte di Rodi e fu sede di una flotta romana. Dopo il dominio bizantino, l’isola fu conquistata da un Sultano d’Egitto, soltanto nel 1948, dopo il dominio inglese e italiano, l’isola è tornata alla Grecia.
La città nasce intorno al porto e si sviluppa in altezza come un anfiteatro, pronta ad ascoltare le incredibili storie che il Mar Nostrum le racconta a ogni tramonto.
Qui la vita sembra essersi fermata: pochi abitanti e poche case abitate, qualcuna in affitto, pochi bar e raramente qualche ristorante. La vita si svolge a sfioro con l’acqua, in attesa del ritorno dei pescatori o dell’arrivo di qualche turista. Insomma, il luogo ideale per fuggire dalla realtà.
Salvatores racconta di un’isola incantata, in cui perdersi e lasciarsi cullare dall’idea di una vita migliore. Il mare, la natura, l’affetto degli abitanti e la voglia dei protagonisti di continuare a vivere, donano al film un equilibrio perfetto tra commedia e malinconia, tra la dolcezza dei sentimenti a l’amara realtà del crollo dei sogni.
I Cavalieri di San Giovanni, costruirono il castello dell’isola, sulla roccia rossastra che si trova sopra il porto. È da quella fortezza, con pareti spesse e merli, che è nato il nome dell’Isola.
Quando si parla di paradiso greco, non si può non pensare a questa piccola meraviglia. Immersa nel blu dell’Egeo si estende infatti per appena 12 km. Lontana dal turismo di massa, Megisti, è la destinazione ideale per chi è alla ricerca di un viaggio slow. Date le piccole dimensioni dell’isola, è possibile entrare in contatto diretto con la cultura e la popolazione del posto e conoscere e condividere le loro abitudini.
Il porticciolo di Castelrosso è caratterizzato dalla presenza del Castello dei Cavalieri di San Giovanni, da qui è possibile godere di una vista sull’acqua meravigliosa, dalle mille sfaccettature blu. Per ammirare tutta la bellezza di Kastellorizo, potrete recarvi al monastero di Agios Georgios Vounou: per arrivare occorre salire 401 gradini, ma la vista dall’alto, vale tutta la fatica.
Quest’isola è famosa soprattutto per le scogliere e le incantevoli calette dalle quali fare tuffi e ammirare il mare. In particolare, sul lato orientale dell’isola troverete Faros, Kavos e Plakes. In alternativa, potrete raggiungere le vicinissime isole di Agios Georgios, Strongili e Ro, dalle quali godere di un paesaggio paradisiaco e incontaminato.
È una destinazione che vi consente di rilassarvi totalmente. Potrete fare il bagno ovunque, passeggiare sul lungomare e leggere un libro. Provare i piatti tipici della cucina greca in uno dei tanti ristoranti del paese e concedervi qualche scatto fotografico tra i palazzi neoclassici che si affacciano sul mare.
Vi lasciamo con il trailer del celebre film di Salvatores:
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