Puerto Escondido è un film del 1992, sesto lungometraggio diretto da Gabriele Salvatores nonché quarto ed ultimo capitolo della sua tetralogia della fuga. È tratto dall’omonimo romanzo di Pino Cacucci del 1990, ambientato in gran parte in Messico, specialmente nell’omonima località.
Dopo il successo e l’Oscar di Mediterraneo Salvatores dirige un film surreale, disimpegnato ma non troppo. Più vicino a Turné, il suo film più riuscito, Puerto Escondido parte da un omicidio. Ma, come in Mediterraneo, la trama gialla è solo un pretesto.
Il protagonista del film, Mario Tozzi (Diego Abatantuono), dirigente di una banca milanese, si ritrova ad essere testimone oculare di un omicidio presso l’ufficio passaporti della questura. L’assassino è il commissario Alfredo Viola (Renato Carpentieri). Risalito a Mario tramite il suo passaporto, cerca di ucciderlo a colpi di pistola, riuscendo solo a ferirlo. Mario decide quindi di fuggire far perdere le proprie tracce.
Finirà in Messico, a Puerto Escondido, senza soldi. Qui, incontrerà due personaggi fondamentali per la sua evoluzione che lo porteranno a diventare trafficante di droga prima, ladro anticapitalista dopo, eroe che mette a rischio la propria vita e libertà per un amico alla fine.
Affronterà le proprie paure e i propri limiti, rivolterà completamente il proprio modo di vedere le cose e la vita. Farà viaggi psichedelici col peyote, da solo, nel deserto: tutto per capire che il solo poter guardare il cielo lo farà sentire vivo e libero.
Tra i Paesi più affascinanti del mondo, meta fantasticata da tanti viaggiatori. Il Messico è un Paese ricco di contraddizioni, dove la bellezza convive con la povertà, la magia mistica dei ruderi precolombiani con la violenza delle strade dei quartieri di periferia, un viaggio in Messico è un’esperienza di vita. Che non si dimentica.
C’era un’usanza che avevano molti italiani negli anni 60. Prima della legge del 1970, erano soliti andare in Messico non solo per vacanza. Si andava anche per conoscere una ragazza, ma anche per divorziare. A quei tempi il Messico era la terra ancora sconosciuta, impregnata di malinconia e disincanto. Desiderata in nome dell’amore, e rifiutata in virtù di un legame egoistico con la propria terra.
Negli anni Ottanta è stato Vasco Rossi, a cantare di voler andare in Messico, altro che al mare. Poi, sono arrivate diverse pellicole più o meno comiche come Acapulco, prima spiaggia a sinistra. Il Messico assolato, sconosciuto, la sua atmosfera e la siesta diventano l’altrove zingaro e desiderato per fuggire, per buttarsi tutto alle spalle. Là, appena sotto gli Stati Uniti, dove tutto è possibile.
Così arriviamo agli ’90, quando lo scrittore Pino Cacucci pubblica il romanzo Puerto Escondido, in parte ambientato nell’omonima e pressoché sconosciuta cittadina messicana. Quando Salvatores ne trae il romanzo, la località diventa talmente famosa che oggi è presente nella zona una piccola comunità di nostri connazionali.
Nonostante le belle spiagge e l’anima rilassata, Puerto Escondido non è molto frequentata dai turisti europei, come d’altronde gran parte delle località messicane affacciate sull’Oceano Pacifico. I viaggiatori europei, infatti, preferiscono ancora zone turistiche come lo Yucatan o la parte caraibica del Messico, a differenza di tanti viaggiatori statunitensi che tendono ad esplorare zone sconosciute.
Della bellezza di questa costa selvaggia ne sanno qualcosa i surfisti che arrivano da tutto il mondo per cavalcare la leggendaria Mexican Pipeline, lungo la spiaggia di Zicatela. Qui, infatti, la costa alterna baie appartate ad ampie distese di sabbia dorata, dove il Pacifico rovescia onde gigantesche. Inoltre, al largo ci si può dedicare alla pesca sportiva, alle immersioni, all’avvistamento dei delfini e delle tartarughe. Gli amanti del birdwatching avranno di che sbizzarrirsi, dato che nei dintorni di Puerto Escondido si trovano diverse lagune costiere, tra cui quella di Manialtepec, popolata da ibis, aironi e pellicani. Il Parque Nacional Lagunas de Chacahua, che comprende la laguna omonima e quella di La Pastoría. L’intera area, tra corsi d’acqua e isole orlate di mangrovie, offre asilo a numerosi uccelli, oltre che a tartarughe e coccodrilli.
La città è animata e vivibile, piena di caffè e buoni ristoranti, mentre le sistemazioni hanno un ottimo rapporto qualità prezzo.
Procedendo verso sud, chi cerca un po’ di Messico autentico non deve perdere una puntata a Puerto Àngel, un minuscolo villaggio di pescatori su una baia protetta da due promontori. Ogni mattina vedrete le barche prendere il mare aperto e il molo animarsi di commercianti e gente comune al loro rientro, dopo la pesca. A pochi chilometri da Puerto Àngel il litorale di Zipolite, con le sue capanne di legno e gli alberghetti economici, è fin dagli anni ’70 sinonimo di fuga a basso costo nella natura. Fra le tante spiagge, la graziosa Playa del Amor si è fatta una certa fama tra i cultori del nudo integrale.
Verso l’estremità orientale della costa, invece, si ammantano di foreste e l’acqua del mare diventa ancora più cristallina. Sono le Bahías de Huatulco, chilometri di calette sabbiose delimitate da scogli, molte delle quali accessibili solo in barca o da piste più o meno carrozzabili. Da non perdere la Playa India, nella baia di Chachacual.
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